venerdì 18 gennaio 2013

Una scarpa piena di nespole di Omobono Veraci

Una scarpa piena di nespole 

di Omobono Veraci

(a cura di Eulalia e Gabriele Veraci)


Esce a sette anni dalla morte di Omobono Veraci, la sua ultima fatica letteraria. Come tutti sappiamo Veraci ci ha lasciato poco più di sette anni orsono a causa sia di una lunga ed atroce malattia, sia di un colpo di pistola alla nuca di un creditore.
Il grande romanziere, giornalista e giocatore d'azzardo non solo ha lasciato un grande vuoto tra i suoi lettori ma anche molti rimpianti ai suoi eredi, oltre ad una notevole mole di debiti.
Proprio gli eredi del Veraci, a distanza di quasi sei anni e dopo il pignoramento delle proprietà del caro estinto nonché di alcune personali, hanno miracolosamente ritrovato alcuni scritti del compianto autore.
Si tratta di numerosi foglietti scritti indubbiamente dall'Omobono con tracce inequivocabili di quel grande romanzo che è "Una scarpa piena di nespole".
In tutto, sommando l'intera preziosa scoperta, si tratta di ben venticinque parole, partendo dalle quali è stato sviluppato il romanzo di ottocentoventotto pagine che ora, finalmente, abbiamo tra le mani.
Alcuni detrattori, sempre pronti a fare della inutile e gratuita dietrologia, affermano che si tratti di una sordida manovra per sfruttare il nome del Veraci e vendere così alcune decine di milioni di copie del suo romanzo postumo.
Come uniche basi per queste assurde e maliziose insinuazioni adducono il fatto che delle venticinque parole ritrovate venti si trovano su due biglietti vergati a mano a guisa di elenco della spesa.
Certo, se quei testi fossero ritrovati tra le carte lasciate da una persona qualunque, potrebbero essere scambiati per l'elenco delle cose da acquistare all'ipercoop, ma, se a lasciare un simile elenco è un Omobono Veraci, ne han ben donde, gli eredi, a vedere fulgida, in quell'elenco, la traccia di un romanzo quasi interamente compiuto.
Scarpe, nespole, zucchine, pomodori, farina, uova, lievito, etc. etc. sembrano un mero sciorinare di prodotti mancanti nella dispensa, quando invece sono già argomento e trama del bel romanzo "Una scarpa piena di nespole"
Proprio in questo romanzo troviamo infatti il meglio, possiamo dire il sunto, di tutta l'opera del Veraci.
I soliti maliziosi fanno notare che, più che un sunto, il romanzo sembra essere un collage di frasi prese a caso dai suoi quindici romanzi precedenti e uniti con un copia e incolla forsennato, come se i curatori, il figlio Gabriele e la sorella Eulalia, fossero pressati da allibratori e usurai imbufaliti.
Ovviamente, essendo un romanzo uscito postumo, essendo la sua ultima e definitiva opera, non si possono non notare alcune ripetizioni, come dei rimandi a romanzi precedenti. Proprio in quel senso di déjà-vu sta la grandezza di questo romanzo, infatti in quell'incalzare di già visto, già sentito e già letto ecco insinuarsi, qua e là, una scarpa, un chilo di nespole, una dozzina di uova.
Come in un enorme ed intricato affresco assistiamo all'opera febbrile, che alla fine tutto ricompone.
Solo quando il pennello dell'autore per sempre si cheta e resta, ecco davanti a noi l'impareggiabile insieme dell'opera compiuta.
Tutto ciò partendo da sole poche parole lasciate dal Veraci, immaginate se avesse lasciato un intero capitolo, oggi avremmo tra le mani una saga in cento volumi!
Accontentiamoci, per ora, di poter finalmente leggere "Una scarpa piena di nespole" nella speranza che, sospinti dal loro insaziabile desiderio di letteratura, gli eredi possano presto ritrovare qualche altro incompiuto del Veraci che faccia rivivere, almeno sulla carta, uno dei più grandi romanzieri degli ultimi cento anni.

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